ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo
Direzione Generale per l’Antichità
Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico
“L. Pigorini”
Bullettino di Paletnologia Italiana
La Fibula Prenestina
volume 99
2011-2014
esPera
roma
Indice
Premesse
vii
xi
1
43
73
F. di gennaro
Dare a Numasios quel che è di Numasios
l. la rocca
Le vicende della Fibula
e. mangani
La Fibula Prenestina: oltre un secolo di discussioni
d. Ferro, e. Formigli
Risultati delle recenti indagini archeometriche sulla Fibula di Manios
m. Buonocore
Helbig, Mommsen e la Fibula Prenestina:
una settimana prima della presentazione ufficiale del 7 gennaio 1887
83
g.l. carancini
Resoconto, trent’anni dopo, di un confronto tra fautori e detrattori dell’autenticità della Fibula Prenestina
95
g. colonna
Ripensando la Fibula
101
c. de simone
Un sostenitore dell’autenticità della Fibula e dell’iscrizione: ricordi personali e considerazioni attuali
103
a. Franchi de Bellis
La Fibula Praenestina è autentica: ulteriore conferma da recenti indagini archeometriche
d.F. maras
113
La prima stesura dell’iscrizione di Manios e l’uso epigrafico dell’interpunzione espuntiva
123
P. Poccetti
Il ‘teorema’ della falsificazione della Fibula: la fine di un romanzo ‘fin de siècle’
147
m. sanniBale
La Fibula Prenestina: maestri d’arte, committenza e pratica della scrittura nell’Orientalizzante
155
Norme redazionali
159
Indice delle località
daniele F. maras*
La prima stesura dell’iscrizione
di Manios e l’uso epigrafico
dell’interpunzione espuntiva
Nella sua prima redazione, l’iscrizione della Fibula Prenestina non registrava il destinatario e presentava una forma verbale
VHE†VHE†KED, che potrebbe essere derivata da una diplografia. La particolarità dei due punti che circondano la sillaba
centrale, infatti, si confronta con una serie di attestazioni etrusche di VII e VI secolo a.C., in cui coppie o triplette di punti
segnalano lettere erroneamente graffite da espungere. Tale metodo di correzione, denominato “interpunzione espuntiva”
offre nuove prospettive per la conoscenza degli usi scribali e riapre il discorso sul significato dei segni di interpunzione in
epoca arcaica.
The earliest drafting of the inscription of the Fibula Praenestina did not record the receiver of the gift, and had a verb
VHE:VHE:KED, in which the first syllable could have been repeated because of a graphic error. As a matter of fact, the
couple of dots, which mark the central syllable can be compared with a group of Etruscan samples dating from the 7th and
6th c. BCE: here series of two or three dots mark some letters scratched by mistake, and therefore to be expunged. The
recognition of this method of correction, called “expunctive punctuation”, provides new slant to the understanding of the
practice of scribes, and of the meaning of punctuation marks in the archaic period.
*
Pontificia Accademia Romana di Archeologia. danielemaras@email.it.
114
d.F. maras
Le nuove analisi tecniche e scientifiche che sono
state portate a termine sulla Fibula Prenestina,
oltre a fugare ogni possibile dubbio sull’autenticità del gioiello e dell’iscrizione – fatto di cui non si
renderà mai merito sufficiente a Edilberto Formigli e Daniela Ferro –, hanno portato all’attenzione
degli studiosi una serie di nuovi dati, che vale la
pena considerare per comprendere la storia del testo epigrafico e del dono che intendeva registrare.
In particolare, le puntuali osservazioni che E.
Formigli ha presentato sui tratti epigrafici e sullo
strumento utilizzato per incidere la Fibula sembrano perlopiù confermare quanto era già noto sulla
sequenza dei segni e sui ripensamenti nella prima
metà del testo. È però senz’altro significativo che la
decisione di ripassare con un nuovo tracciato, più
largo e profondo, ma anche più pulito, la prima parte dell’iscrizione sia avvenuta solo dopo il completamento della forma verbale e prima dell’apposizione
del nome del destinatario, che risulta realizzato in
un solo momento e senza indecisioni.
L’osservazione ha permesso di riconoscere un
primo tracciato epigrafico con tratti più sottili, che
sembra arrivare fino alla fine del verbo di dono,
poi ripreso con qualche differenza da un secondo
tracciato più robusto, proseguito fino alla fine.
Seguendo l’analisi epigrafica di A. Franchi De
Bellis1, E. Formigli attribuisce tale distinzione di
tratto alla necessità di correggere l’errore FHEFHEKED nella forma definitiva FHEFHAKED2,
*
Ringrazio calorosamente Elisabetta Mangani per avermi
invitato a partecipare ad entrambi gli incontri che hanno
portato al definitivo superamento della “questione della
Fibula Prenestina” (nel 2009 e nel 2011) e per la possibilità di pubblicare in questa sede alcune mie riflessioni che
ne sono scaturite.
1
Franchi de Bellis 2007. Per un aggiornamento bibliografico puntuale sulla Fibula, si veda ora mancini 2011, p. 231
ss.
V. anche colonna 1976a, p. 373; colonna 1976b, p. 179, e
2
che avrebbe causato una difformità di tratto nella
lettera corretta, poi appianata ripassando tutti i
segni fino ad allora incisi.
L’ipotesi di un errore di copiatura prontamente emendato dallo scriba (per quanto con un risultato un po’ maldestro) presuppone che l’intervento di correzione sia stato immediato e che la
sequenza NUMASIOI sia stata incisa subito dopo,
come parrebbe confermare l’identità di tratto e
di grafia del nome con il resto dell’iscrizione3; ma
alcune nuove informazioni spingono a riaprire il
discorso sulla possibilità che il nome del destinatario sia stato aggiunto solo in un secondo tempo,
al momento del dono, ripassando successivamente la prima parte già esistente del testo.
Il primo tracciato a tratto più leggero dell’iscrizione, nonostante il ‘disturbo’ causato dal secondo
tracciato, può essere ricostruito con una certa sicurezza (fig. 1) e ne deriva la seguente trascrizione:
MANIOS (†) MED (†) FHE (‡) FHE † KED
Va notato che, per quanto riguarda i punti, eccettuata la coppia che precede la sillaba KED, che non
è stata ribadita nel secondo passaggio, sussiste
l’impossibilità di sapere se fossero o meno presenti nella prima stesura.
In base alle analisi tecniche della superficie incisa, non è possibile oggi sapere se sia intercorso
del tempo tra la prima incisione e la seconda, che
avrebbe potuto essere ripassata e corretta appena
un istante dopo la lavorazione, ovvero essere stata
ripresa a distanza di ore, giorni o settimane, senza
lasciare traccia evidente del tempo trascorso.
3
guarducci 1980, p. 445; diversamente Prosdocimi 1984, p.
91, considerava primaria la scrittura FHA.
V. già Franchi de Bellis 2007.
La prima stesura dell’iscrizione
115
Fig. 1. Fibula Prenestina. Ricostruzione del possibile tracciato della prima stesura dell’iscrizione, realizzata sulla
base di una fotografia ingrandita. La presenza dei punti di interpunzione nel primo tracciato è accertata solamente
nell’ultimo caso, parzialmente obliterato dal tracciato della seconda stesura.
Se si fosse trattato di un errore di copiatura
dal normale FHE‡FHAKED, andrebbe attribuita alla medesima svista anche la coppia di punti
dopo la seconda sillaba FHE, ripetuta per errore,
oltre la quale anziché riprendere regolarmente
la sillaba FHA, lo scriba sarebbe saltato direttamente alla conclusione KED (in altre parole una
diplografia avrebbe dato più facilmente un esito
FHE‡FHE‡FHAKED; ma non è prudente trarre
conclusioni interpretando le casistiche degli errori grafici).
La presenza accertata di questa coppia di punti
permette però di portare avanti una nuova ipotesi,
grazie al confronto con altri testi della stessa epoca, ma appartenenti all’ambito culturale etrusco.
L’uso della punteggiatura a due o tre punti fa la
sua comparsa in età orientalizzante, ma non è costantemente destinato alla divisione tra le parole:
esistono almeno due casi accertati in cui due triplette di punti racchiudono una lettera graffita
per errore, segnalandone in questo modo l’espunzione dalla normale lettura del testo:
1. rix 1991 Cr X.1 (Caere, prima metà VII sec. a.C.) –
mini kakana hi ziχ�anace r̀aquvupi visθinas θahna‡i‡
(fig. 2)
2. rix 1991 OA 3.3 (Vulci [?], fine VII sec. a.C.)4 – mi
velθur haθi‡a‡Es†nasE mu(l).vanice (fig. 3)
Nel primo caso (n. 1), lo iota che chiude la sequenza – peraltro tracciato in modo malcerto a
ridosso del my iniziale, trattandosi di un’iscrizione con ductus circolare – va senz’altro espunto, in
quanto non appartenente al noto nome vascolare
θahvna, qui con digramma semplificato, forse per
una svista.
Nel secondo caso (n. 2), l’estraneità dell’alpha al
gentilizio5 è confermata con piena evidenza dalla
ricorrenza della stessa formula onomastica (che
identifica quasi certamente il medesimo personaggio) in una coeva iscrizione veiente su un unguentario d’impasto configurato a leoncino: CIE,
6711, velθur haθisEnas6.
La coppia di attestazioni dimostra chiaramente l’esistenza di un uso epigrafico, in verità poco
comune, per contrassegnare lettere e segni da
espungere, in modo più elegante rispetto alle più
frequenti cancellature7 o riscritture8 e senz’altro
più confacente al contesto elevato del dono aristocratico.
5
6
7
8
4
Cfr. santoro 1983, p. 20 ss., n. I; v. anche CIE, 6711.
Già registrata da H. Rix (1991, OA 3.3).
Va notato che in questo secondo caso l’uso dell’interpunzione espuntiva si combina con quello (irregolare) dell’interpunzione sillabica, presente dopo il primo sigma del
gentilizio e dopo il lambda mancante del verbo. Cfr. anche
de simone, chiai 2001, spec. p. 42 ss.
V. p.es. CIE, 8889: cnov{e}ies.
V. p.es. CIE, 6703: ven<el> (prima stesura: venap) e
m<u>luvace (prima stesura: mlluvace).
116
d.F. maras
Fig. 2. Disegno dell’iscrizione su un calice di bucchero da Caere (prima metà del VII secolo a.C.; da MARTELLI 1986).
Fig. 3. Disegno dell’iscrizione su un aryballos troncoconico di bucchero con decorazione a ventaglietti, probabilmente proveniente da area vulcente (Montalto di Castro?), in collezione privata (fine del VII secolo a.C.; da SANTORO 1983,
p. 22).
In base a quanto osservato è possibile ipotizzare la presenza dello stesso metodo di espunzione
anche in altri casi meno certi, come ad esempio:
3. CIE, 6328 (Veio, fine VII-inizio VI sec. a.C.) –
[---]‡Esi azau[---] (fig. 4, a)
4. CIE, 6462 (Veio, prima metà VI sec. a.C.) –
[---]r†u mulve[nice---] (fig. 4, b)
5. CIE, 8888 (agro Capenate, fine VII sec. a.C.) –
aruzinai.e‡a[---] (fig. 4, c)
6. CIE, 6424 (Veio, prima metà VI sec. a.C.) –
mi m̀[l]a.χ. mlaka.sE. ‡× [---] (fig. 4, d)
In queste attestazioni la lacunosità del testo conservato non consente di riconoscere con certezza
se si sia in presenza di lettere da espungere, ma sta
di fatto che, almeno nei primi due casi (nn. 3-4),
l’interpunzione non trova facilmente una spiega-
zione9; nel terzo (n. 5), invece, il breve tratto verticale che precede l’epsilon potrebbe anche dipendere da un semplice errore di scrittura: in tal caso la
tripletta di punti distinguerebbe due voci onomastiche indipendenti10.
Per quanto riguarda il testo n. 6, la frattura impedisce di stabilire se l’ultimo trattino visibile appartenga ad una lettera (da espungere?) ovvero sia
il resto di una seconda tripletta di punti.
Meno chiaro, infine, è se a un uso simile vada
ricondotta anche un’attestazione veiente in cui
due triplette di punti non sembrano incorniciare
alcun segno da espungere:
9
10
Vedi però oltre, a nota 28.
Nel caso in cui l’epsilon fosse da espungere, invece, la voce
risultante aruzinaia potrebbe essere facilmente interpretata come un genitivo femminile arcaico.
La prima stesura dell’iscrizione
117
Fig. 4. Alcuni possibili esempi di interpunzione espuntiva: a. CIE, 6328 (Veio, fine VII-inizio VI sec. a.C.); b. CIE, 6462
(Veio, prima metà VI sec. a.C.); c. CIE, 8888 (agro Capenate, fine VII sec. a.C.); d. CIE, 6424 (Veio, prima metà VI sec.
a.C.).
Fig. 5. Un possibile esempio di interpunzione espuntiva: CIE, 6414 (Veio, prima metà VI sec. a.C.).
7. CIE, 6414 (Veio, prima metà VI sec. a.C.) –
mi θ[---]niies ‡‡ àritimipi tur̀a.n.pi mi ǹuna[-] (fig. 5)
Ma si noti che la lettera seguente, da interpretare come alpha grazie al riconoscimento del teonimo aritimi, è stata effettivamente corretta (e in
modo maldestro) su un originario epsilon tracciato
per errore11.
11
In proposito si vedano anche PandolFini 1984, p. 294, che
propone una lettura alternativa hritimi, e colonna 1987, p.
427, che individua nella riscrittura le difficoltà di lettura
118
d.F. maras
In base alla distribuzione delle attestazioni,
sembra possibile dedurre che l’uso di questo particolare metodo di marcatura delle lettere da eliminare – che può essere definito a buon diritto
“interpunzione espuntiva” – sia limitato ai dominii epigrafici di Caere e Veio, dal momento che a
quest’ultimo centro possono essere ricondotti sia
il graffito capenate n. 5, in base alla forma delle lettere, sia l’iscrizione forse di provenienza vulcente
n. 2, come dimostrano l’uso del sigma multilineare
e la formula onomastica12. Da questo punto di vista
va rilevato che l’influenza veiente e ceretana sulla
scrittura latina è da considerarsi un dato sicuro13,
con particolare riguardo ai rapporti privilegiati
con Caere della Praeneste orientalizzante14.
La scarsa incidenza dell’uso grafico va probabilmente imputata alla poca frequenza di errori in
contesti elevati ed alla difficoltà di riconoscerne
la presenza nel caso di testi molto frammentari15.
Va considerata però la possibilità che la vitalità
12
13
14
15
del segno. Riguardo a questa attestazione, va registrata
la diversa lettura di de simone, chiai 2001, pp. 47 e 49, fig.
3, che individuano un’ulteriore serie di tre punti tra l’epsilon e il sigma (che però non è stata osservata da chi scrive
nell’esame autoptico per la redazione del fascicolo veiente
del CIE); se la loro esistenza dovesse essere confermata,
se ne dovrebbe inferire un intento di espunzione del sigma finale del gentilizio.
Per i contatti arcaici tra Vulci e Veio testimoniati dall’epigrafia, cfr. maras 2002, p. 272; si vedano in particolare i
casi di CIE, 6456 (avile vipiiennas) e 6416, 11258-11259 (avile
acvilnas).
Cfr. maras 2009.
Cfr. colonna 1992.
Una funzione espuntiva potrebbe forse essere attribuita
anche alle file di ben quattro punti che racchiudono la
sequenza se.la nell’iscrizione sull’aryballos di bucchero di
origine incerta rix 1991, Fa 2.3, della seconda metà del VII
secolo a.C., da ascrivere alla grafia veiente in base alla presenza del sigma multilineare: con ogni probabilità in questo caso si tratta di una parola di senso compiuto (forse
«grande», cfr. maggiani 1996, p. 104, nota 28), che potrebbe
essere stata in seguito rifiutata in quanto trascritta per
errore o considerata inappropriata (per un vasetto gingillo alto 5,8 cm).
dell’interpunzione espuntiva abbia operato maggiormente e più a lungo nel tempo nell’ambito della dottrina scribale e degli usi grafici della scrittura corrente (ad esempio nelle tavolette cerate): un
indizio a riguardo potrebbe venire dall’etimologia
stessa del verbo tecnico expungo, letteralmente
«segno con un punto fuori (dal testo)»16, quindi
«cancello», che sembra trovare ora una spiegazione esauriente dal punto di vista sia semantico che
fattuale.
Tornando all’iscrizione della Fibula Prenestina,
l’aver accertato l’esistenza dell’interpunzione
espuntiva permette di interpretare diversamente i
segni d’interpunzione presenti all’interno della parola FHE‡FHE†KED nella prima stesura del testo.
Se si applica il metodo appena descritto, infatti, la voce verbale potrebbe essere ridotta semplicemente a FHEKED17, espungendo la sillaba ripetuta
per un normale errore di diplografia e restituendo
una forma identica a quella documentata dal vaso
di Duenos al principio del VI secolo a.C.
Se l’ipotesi coglie nel vero, la prima stesura
dell’iscrizione era effettivamente completa ed in
grado di trasmettere un messaggio corretto (e
tracciato in modo sufficientemente elegante, nonostante l’errore18), e in tale forma avrebbe potuto
16
17
18
Così come il verbo interpungo, «segno con un punto tra (le
parole)»; cfr. ernout, meillet 19594 (rist. 2001), p. 546, s.v.
pungo, e devoto 1968, s.v. espungere.
Si noti che in teoria nella prima stesura potevano essere
presenti solamente due coppie di punti attorno alla seconda sillaba FHE e che sia l’aggiunta del punto centrale
nella prima coppia, sia l’aggiunta di ulteriori segni di interpunzione potrebbero essere state realizzate solamente
al momento della seconda stesura.
Tale possibilità risolverebbe alla base il problema dell’incoerenza estetica dell’iscrizione con la qualità del supporto ed il contesto aristocratico, sollevata da G. Colonna e da
altri in sede di discussione: l’ ‘effetto’ generale della prima
stesura dell’iscrizione era sufficientemente discreto ed
elegante e sarebbe stato guastato da una vistosa corre-
La prima stesura dell’iscrizione
circolare per un periodo di tempo più o meno prolungato, in funzione di «firma padronale» della fibula e della veste di cui faceva parte19.
La seconda stesura è stata probabilmente realizzata solo in un secondo tempo, nel momento in
cui il gioiello è effettivamente passato di mano ovvero allorché si è inteso privarlo della possibilità
di circolare per destinarlo alla funzione di dono
funerario20.
In tale momento, oltre ad aggiungere il nome
del destinatario21 (NUMASIOI22), lo scriba – con
buona probabilità lo stesso che aveva inciso la prima stesura – ha ripreso il tracciato di tutto il testo
marcandolo più profondamente ed ha corretto definitivamente la forma verbale sbagliata, convertendo l’errore diplografico in una diversa forma
(da FHE‡FHE†KED a FHE‡FHAKED)23 e trasfor-
19
20
21
22
23
zione, fatto che può aver consigliato il ricorso al sistema
dell’interpunzione espuntiva. Quanto all’osservazione di
A.L. Prosdocimi che una prima stesura priva del nome del
destinatario sarebbe stata poco equilibrata e male impaginata nel contesto della staffa della Fibula, si potrebbe
teoricamente rispondere che forse lo spazio era stato lasciato appositamente per accogliere in futuro il nome di
un destinatario.
Nel contesto aristocratico orientalizzante, la “firma” non
sembra identificare un artigiano, bensì un padrone di
bottega, da identificare con il princeps alla cui corte afferiva l’attività produttiva; cfr. maras c.d.s. Sull’argomento
vedi già colonna 1976a, p. 373 s.
Secondo un’ipotesi affacciata da G. Colonna (cfr. anche
colonna 1983, p. 63 s.): la trascrizione del nome di un preciso destinatario, infatti, sottrae de facto la Fibula (ovvero
la veste alla quale apparteneva) dal circuito del dono, favorendo così l’ipotesi che si sia trattato in questo caso di
un dono funerario, cosa che giustificherebbe in parte il
differimento del completamento dell’iscrizione.
Tra l’altro, l’ipotesi che il destinatario sia stato aggiunto
solo in un secondo tempo ha anche l’effetto secondario
(ma di non poco peso) di risolvere la difformità formulare sottolineata ultimamente da mancini 2004, p. 11 s., con
bibl.
Sul nome si vedano ora i contributi di Poetto, Facchetti
2009; de simone 2010; mancini 2011, p. 232 s. e nota 25.
La cui validità e pertinenza linguistica è dimostrata, se ce
ne fosse necessità, dalle forme osche fefacid e fefacust della
119
mando la prima parte dell’interpunzione espuntiva in un segno di marcatura grafica del raddoppiamento24.
Come ha ribadito recentemente Marco Manci25
ni , quest’ultimo è uno dei più oscuri aspetti grafici del testo: nonostante la forma falisca parallela
PE‡PARAI dell’olla di Civita Castellana (Ve, 241),
infatti, resta problematica la comprensione del significato di tale marcatura grafica.
A questo proposito, oltre alle assai più tarde attestazioni latine di separazione delle componenti
in parole composte addotte da Markus Hartmann
quali confronti (p.es. in.eunt, centum.viri)26, vorrei
prendere in considerazione alcune testimonianze
etrusche, a mio parere assai più pertinenti (se non
altro perché più vicine nel tempo):
a) l’interpunzione isola la base lessicale rispetto al
suffisso:
spur‡ieisi e spur†ieisi (Caere, seconda metà del VII
sec. a.C., rispettivamente rix 1991, Cr 3.4-5 e 3.6);
[a]pu.nies (Chiusi, fine VI-inizio V sec. a.C., Bernardini 2001, p. 142, n. 82);
[ma]me†rce (Vulci, fine VI-inizio V sec. a.C., ibid.,
p. 130, n. 44)27;
24
25
26
27
Tabula Bantina (rix 2002, Lu 1 = TB); si veda la rassegna
degli interventi a riguardo in mancini 2004, p. 8 ss., ulteriormente aggiornata in mancini 2011, p. 233 ss.
Si noti che forse solo in questo momento è stato aggiunto
il punto centrale della tripletta, data la possibilità di confusione con i segni di interpunzione tra parole, che forse
non erano presenti nella prima stesura. Anche se meno
probabile, va ricordata la possibilità che il valore espuntivo dell’interpunzione sia stato mantenuto, spostandolo
sulla prima sillaba del verbo, che sarebbe dunque da leggere VHAKED: forma del tutto plausibile, come mi conferma Carlo de Simone, che ringrazio calorosamente per
gli utili consigli su questo e su altri punti.
mancini 2004, p. 20 s. e nota 89, con bibl.
hartmann 2005, p. 95 (con bibl. prec.); ma v. già mancini
2011, p. 232.
Ma in questo caso la -r- dovrebbe essere stata considerata
erroneamente alla stregua di un suffisso.
120
d.F. maras
b) l’interpunzione isola la base tematica rispetto
alla desinenza28:
mi.ne (Mazzano Romano, prima metà VI sec.
a.C., CIE, 8906);
mi.ni (Bolsena, fine del VI secolo a.C., morandi
1990, p. 44 ss., n. 6);
arnθ.ial (Montalto di Castro, fine VI-inizio V sec.
a.C., Bernardini 2001, p. 132, n. 51);
spec.as (Vulci, fine VI-inizio V sec. a.C., Bernardini 2001, p. 128, n. 37);
c) l’interpunzione isola la sillaba iniziale (senza alcun significato apparente):
ves‡traces (Caere, fine VII sec. a.C., rix 1991, Cr
2.115);
ves.tricin[---] (Veio, prima metà VI sec. a.C., CIE,
6452)29;
a†punie[s] (or. inc., fine VI-inizio V sec. a.C., Ber30
nardini 2001, p. 143, n. 86) ;
la†reces (or. inc., fine VI-inizio V sec. a.C., Ber31
nardini 2001, p. 147, n. 100) .
28
29
30
31
Nella casistica potrebbero rientrare in teoria anche due
delle attestazioni già elencate in precedenza come possibili interpunzioni espuntive: n. 3 ([---]‡sEi) e n. 4 ([---]r†u).
Se non si tratta piuttosto di un residuo di interpunzione
sillabica. Va anche tenuto conto che recentemente è stato
riconosciuto un valore lessicale di senso compiuto per la
voce ves (maggiani 2011, p. 262 s., ad n. 24), il che permetterebbe di ipotizzare che l’interpunzione in questo caso e
nel precedente intendesse isolare la base tematica come
nel gruppo (a), in seguito ad un interpretazione paretimologica.
Ma vedi la diversa interpunzione su un analogo piattello
della stessa serie, già citato, Bernardini 2001, p. 142, n. 82.
A onor del vero va notato che alcuni dei casi riportati,
Di fronte a questi esempi (e la lista non ha certo pretese di completezza), si deve rilevare che la
funzione dei segni d’interpunzione, perlomeno
in età arcaica, è ben più complessa e articolata di
quanto si immagini normalmente e che, oltre che
per la separazione delle parole e per la scansione
sillabica della lettura, occasionalmente essi venissero impiegati anche per segnalare particolari distinzioni morfologiche, anche se in modo discontinuo e non sempre comprensibile32.
In questa casistica rientra senz’altro l’interpunzione che isola il raddoppiamento negli antichissimi casi del latino VHE‡VHAKED e del falisco
PE‡PARAI.
32
appartenenti al corpus epigrafico del cosiddetto gruppo
Spurinas, potrebbero in realtà dipendere da semplici errori di trascrizione, come ipotizzato per altre anomalie
delle iscrizioni onomastiche che ne fanno parte; cfr. StEtr
LXIV, 1998, p. 378.
E si noti en passant che tali attestazioni comportano una
certa riflessione su questioni di lingua da parte degli scribi. Si vedano in generale sull’argomento de simone, chiai
2001.
La prima stesura dell’iscrizione
121
Abbreviazioni bibliografiche
Bernardini c.
2001
Il Gruppo Spurinas, Daidalos 4, Viterbo.
CIE
Corpus Inscriptionum Etruscarum.
colonna g.
1976a La diffusione della scrittura, in Civiltà del Lazio
primitivo, Catalogo della mostra, Roma 1976, Roma, pp.
372-376.
1976b Recensione a gordon 1975, in Epigraphica XXXVIII,
pp. 175-179.
1983
Identità come appartenenza nelle iscrizioni di possesso dell’Italia preromana, in Epigraphica XLV, pp. 49-64.
1987
Note preliminari sui culti del santuario di Portonaccio a Veio, in Scienze dell’Antichità 1, pp. 419-446.
1992
Praeneste arcaica e il mondo etrusco-italico, in La
necropoli di Praeneste. Periodi orientalizzante e medio repubblicano. Atti del II Convegno di studi archeologici, Palestrina
21-22 aprile 1990, Palestrina, pp. 13-51.
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1980
La cosiddetta Fibula Prenestina. Antiquari, eruditi
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Die frühlateinischen Inschriften und ihre Datierung,
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maggiani a.
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Appunti sulle magistrature etrusche, in StEtr LXII,
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2011
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